Archivio mensile:Maggio 2020

Video chiamate libere

In quest’epoca di confinamento a casa alcune persone legate ad un istituto scolastico di Fabriano hanno lanciato l’iniziativa iorestoacasa.work. Si tratta di una rete di server che ospitano due diversi applicativi per le video chiamate. Tutti i server offrono un punto d’accesso centralizzato al quale collegarsi per avviare una video chiamata, la quale viene poi «trasferita» ad uno dei server disponibili. L’iniziativa ha lo scopo di aiutare le scuole a fare lezione senza affollare i server principali. Questo è reso possibile, da una parte, da vari enti, singoli privati e aziende che hanno collegato i loro server a iorestoacasa.work e offrono gratuitamente il servizio sostenendone i costi di hardware, connettivià e gestione; e dall’altra parte dall’esistenza di due prodotti open source per le video conferenze.

I due diversi applicativi sono Jitsi Meet e Multiparty Meeting. Il primo è più vecchio e offre maggiori funzionalità, come ad esempio la possibilità di moderare la chiamata, il secondo è più nuovo. Dal punto di vista tecnico entrambi utilizzano WebRTC per la trasmissione dati e richiedono quindi abbastanza potenza di calcolo sia abbastanza banda. Difficile seguire una video chiamata se si ha un computer più vecchio del 2010-2012 o se si una una ADSL lenta. L’utilizzo delle video chiamate senza connessione ad Internet via cavo è una esperienza poco gradevole. Fatelo da casa, con la connessione via cavo, magari con il Wi-Fi del computer o del tablet, ma collegati al router con l’ADSL o la fibra. Potendo scegliere, non fatelo con la connessione 3g o anche 4g del telefono.

La tecnologia WebRTC non è nuovissima, ma comunque non è implementata da tutti i browser allo stesso modo e quindi ci sono differenze di prestazioni e di usabilità. La migliore implementazione è al momento quella di Google Chrome, seguita da Safari (ma solo su Mac OS Catalina). Firefox è attualmente escluso perché ha parecchi bug che non solo ne sconsigliano l’utilizzo, ma che addirittura peggiorano il funzionamento degli altri partecipanti alla video chiamata, qualsiasi sia il browser che essi utilizzano.

Per l’utilizzo da Android e iOS, se si usa Jitsi, è necessario scaricare l’app Jitsi Meet. Altrimenti è sufficiente il browser.

Utilizzo

L’utilizzo è aperto a tutti: non è necessario registrarsi, non si è tracciati, non si è su server di proprietà di grandi multinazionali straniere. Sul sito iorestoacasa.work c’è anche la clausola di utilizzo che descrive le implicazioni con il GDPR.

A differenza di altri prodotti, non è possibile prenotare una stanza per un certo orario, o stabilire chi debba essere il moderatore.

Chi inizia stabilisce il nome della stanza, possibilmente in modo che sia univoco, ad esempio «kh34jlkzf» oppure «TerzaE_ITIS_Avogadro_20200521» e immette questo nome nell’unica casella di testo della pagina iorestoacasa.work. Poi sceglie se usare Jitsi Meet o Multiparty Meeting, e entra nella stanza. Il sito sceglie a quale server assegnare la video chiamata e vi dirotta su quella macchina. A quel punto aggiungete una password alla stanza, copiate negli appunti l’URL mostrato in cima al browser e mandatelo a tutti gli invitati, con annessa la password.

Durante la chiamata sarà possibile vedersi e parlare, condividere lo schermo di uno qualsiasi dei partecipanti (ma di norma è l’insegnante/moderatore) per mostrare video o documenti, scriversi. In alcuni casi (ma non tutti i server di iorestoacasa.work lo permettono) è presente una lavagna condivisa, sulla quale scrivere.

La stanza creata verrà chiusa quando tutti ne usciranno, ma solo quello che l’ha aperta potrà esserne il moderatore. Moderare significa avere il controllo della stanza, ad esempio si può accendere o spegnere il microfono agli invitati, oppure cacciarli dalla stanza (ma su Jitsi Meet potrebbero riusare l’URL e ricollegarsi, mentre su Multiparty Meeting si può bloccare l’accesso una volta che tutti sono dentro).

Alla fine della chiamata tutto viene perso. Se avete usato la chat non potrete recuperarne il contenuto. Potrebbe essere attiva la possibilità di registrare la video chiamata, ma si tratta di una opzione dell’applicativo Jitsi Meet che non ho ancora visto su nessuno dei server di questa federazione.

Lo stesso URL può essere usato anche per video chiamate successive, ma una volta che tutti escono dalla stanza, si perde traccia di chi ne è il moderatore, quindi al riutilizzo verrà assegnato il diritto di moderare al primo collegato. Per questo motivo è sempre bene, da parte di un insegnante, non usare lo stesso nome, ma uno nuovo ogni volta, comunicandolo agli studenti via email solo qualche minuto prima di iniziare la lezione.

qemu e “Failed to lock byte 100”

QEMU non ha grande simpatia per i file system di rete. Di recente ho provato a creare una nuova macchina virtuale partendo da una immagine ISO depositata su un altro server e accessibile via NFS. non ha funzionato.

L’immagine era usata per il lettore CD, il quale era di tipo SATA. L’errore ricevuto era apparentemente difficile da interpretare, ma una volta riletto più volte è diventato chiaro. Oltre ad essere riportato nella GUI del virt-manager era anche presente nel file di log in /var/log/libvirt/qemu/nomeVM.log. Il messaggio era:

qemu-system-x86_64: -device ide-cd,bus=ide.1,drive=libvirt-2-format,id=sata0-0-1: Failed to lock byte 100

Le parti da capire sono «ide-cd» che vuol dire che l’errore è relativo ad un device virtuale di tipo CD-ROM collegato ad un controller IDE/SATA, «ide.1» che indica che si tratta del primo CDROM (io ne avevo due: uno per il sistema opeartivo e uno con i driver aggiuntivi per VirtIO), e infine il messaggio vero è proprio «Failed to lock byte 100» che indica un problema nell’accesso al file.

Il file in questione, vista la natura del device (CD-ROM) è l’immagine ISO del sistema operativo. L’errore sul lock indica che il file system non permette l’operazione di blocco che qemu vorrebbe fare. E in effetti NFS non permette di fare i lock sui file.

Morale: spostata l’immagine ISO sul disco locale, e riconfigurato QEMU con il nuovo percorso, tutto ha funzionato.

G Suite for Education (parte 1)

Beh, come tutti al mondo ormai sappiamo, quella che era l’emergenza coronavirus si sta rivelando un fenomeno lungo. Le scuole, con tempi di partenza molto diversi una dall’altra e con velocità completamente disomogenee, si sono organizzate per cercare di portare avanti la didattica tramite la rete Internet.

Si sono subito presentati parecchi problemi, come ad esempio: il dover scegliere una soluzione software capace di supportare la didattica a distanza, la formazione degli insegnanti, la fornitura di hardware agli insegnanti e agli studenti che ne sono sprovvisti, la scelta di hardware e software per gli alunni, il problema del supporto alle famiglie che si trovano a dover seguire i figli a casa oltre che a dover lavorare, e altro ancora.

In una scuola con la quale ho a che fare è stato scelto di adottare la soluzione di Google che si chiama «G Suite for Education». È sostanzialmente un agglomerato di servizi già noti principalmente composto da: la posta elettronica di gmail, i documenti di testo e i fogli elettronici di docs, lo spazio disco su drive, il calendario calendar, la rubrica contacts, la lavagna jamboard e, naturalmente, le video chiamate tramite Meet (ex Hangouts). Il tutto con la necessità di operare con un dominio Internet gestito tramite Google, il quale, Google, promette di confinare tutte le comunicazioni (non si può accedere ad una video chiamata o mandare un email o condividere un file se non si ha un account Google con un indirizzo email di quel dominio) e di non spiare per nulla i dati, i quali sono tutti di proprietà della scuola.

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