Beh, che dire, sono sopravvissuto e posso anche raccontarla, ma non è stato semplice come bere un bicchier d’acqua, anche se certamente avrei potuto mantenere una andatura più veloce, visto che dopo tutto non sono completamente a pezzi. In ogni caso, il tempo ufficiale è di 4h25′, che per me va bene.
La maratona di Torino del 4 ottobre non è stata molto affollata: 1691 partecipanti, solo 104 dei quali non hanno completato il percorso entro il tempo massimo consentito di 5 ore. Primo arrivato Alex Saekwo in 2h15, ultimo segnalato Paolo Procino in 5h43′. I più anziani? 10 maschi nella categoria 70-74 anni, e 5 femmine tra i 60-64.
Mi ero allenato appena il necessario, come per raggiungere la sufficienza a scuola, e sono partito con un gruppetto (Mimmo, Virginia, Salvatore) che avrebbe voluto farcela in 4h15′ e forse addirittura in 4h00′, ma verso la metà eravamo già ciascuno per sè: uno rallentava per un problema al polpaccio, a turno uno cercava di stargli accanto mentre gli altri allungavano un po’. Al 25° km avevo perso il gruppetto — Salvatore avanti e gli altri dietro — e cominciavo a sentire un po’ la stanchezza, anche se ancora non avevo mai smesso di correre. Il ristoro del 30°km è stato terribile: lungo una strada a 3 corsie con tutte le auto che procedevano a passo d’uomo in due corsie e avvelenavano i podisti che correvano sull’altra; ma proprio lì mi ha raggiunto Virginia e mi ha detto, superandomi, «adesso comincia la vera gara». Al 32°km ho sentito l’ambulanza che mi superava per fermarsi poco più avanti a soccorrere un podista che stava veramente male. Dal 36° non ce l’ho più fatta a correre sempre e ho cominciato ad alternare corsa e camminata.
Ma quando mancavano solo 200m, scarsi, ho notato che il podista davanti a me — una di quelle cariatidi di oltre 70 anni che non solo è arrivata all’arrivo ma l’ha fatto anche meglio di me — vistomi arrivare accelerava il passo. Allora ovviamente anche io ho accelerato il passo, fino a raggiungerlo. Eravamo fianco a fianco correndo (si fa per dire, eravamo da prendere col cucchiaino) quando gli è cascato il cappello. Al che ho pensato di prenderglielo e darglielo, ma chinandomi ho sentito 42195 muscoli urlare di dolore. Un male! Preso il cappello ero praticamente bloccato con la schiena in due. Ma a quel punto, a 50 metri dall’arrivo, tra le persone assiepate ai bordi si sono sollevate le grida «bravo!» e «il vero sportivo» e altre frasi simili. E sono scattati i flash e tutti mi facevano le foto. E allora ho dovuto rialzarmi come se nulla fosse e raggiungere il traguardo senza dare a vedere che dentro ero morto. Ho restituito il cappello e mi sono avviato a restituire il chip esibendo una naturalezza che non ho mai avuto.
Comunque, dopo il ristoro e l’agognata medaglia, sono tornato a casa in bici: 6km che immaginavo sarebbero stati un tormento e che invece ho corso senza problemi. Meglio così.
A questo punto lo posso dire: se ho completato la corsa io, allenandomi una volta alla settimana per circa un’ora con l’eccezione dell’ultimo mese durante il quale ho fatto qualcosa in più, allora veramente la maratona è uno sport per tutti.
Alla prossima!